Lo sapevi che i fattori biopsicosociali possono avere un ruolo nel mantenimento del dolore muscolo-scheletrico cronico?

Come dimostrato dagli studi, i fattori psicologici giocano un ruolo importante nella transizione verso il dolore cronico (dolore presente da più di 3 mesi). Tra questi si riconoscono credenze e comportamenti (ad esempio la kinesiofobia e il catastrofismo) che possono implicare atteggiamenti inappropriati o passivi, oltre che fungere da ostacolo al recupero. Gli individui che presentano dolore somatico, possono presentare appunto alterazioni comportamentali e psicosociali, generatesi in risposta al dolore e le stesse, possono poi contribuire al mantenimento del dolore stesso. Il dolore, infatti, è sempre soggettivo, ogni individuo lo affronta e lo interpreta a seconda della propria esperienza personale.

 

Che cos’è la kinesiofobia?

Per kinesiofobia si intende la paura eccessiva, irrazionale e debilitante del movimento fisico e delle attività, derivante da una sensazione di vulnerabilità dovuta a condizioni dolorose o paura di recidive. Essenzialmente un’esperienza dolorosa può essere interpretata come una “minaccia” e generare successive credenze che l’attività fisica possa portare a maggior dolore e paura di una ricaduta. Questo può però portare a modificare l’attività fisica e l’esecuzione di movimenti che a lungo termine causano disabilità, inattività e depressione, fino a portare l’individuo ad essere intrappolato in un ciclo di paura del dolore e disabilità.

 

Perché è importante l’attività fisica?

Le conseguenze dell’inattività e il decremento dell’attività fisica, possono aumentare il rischio di insorgenza di un’ampia gamma di problematiche.

È stato infatti dimostrato che l’esercizio fisico riduce la percezione del dolore, ma ha anche effetti sulla salute mentale, come l’elevazione dell’umore, la riduzione dello stress e della depressione, condizioni spesso associalte al dolore cronico.

Inoltre l’attività fisica ha un effetto analgesico in diverse problematiche, tra cui la lombalgia cronica, l’artrosi, sindromi miofasciali, fibromialgia e sindrome da stanchezza cronica.

Per concludere, proprio per l’effetto analgesico prodotto dal movimento, l’esercizio è uno dei migliori approcci per la gestione delle condizioni croniche.